sabato 28 marzo 2009

MetroMadrid le informa...


La metropolitana di Madrid festeggia i 90 anni dalla nascita della prima linea. Oggi conta con 12 linee che si snodano intorno a 318 stazioni per un totale di 281,58 km. 21 stazioni sono collegate con i treni che ogni mattina portano i pendolari ai posti di lavoro nel cuore della capitale spagnola. L'avveniristico aeroporto di Barajas, ponte di collegamento con il Sudamerica, è uno dei pochi in Europa ad essere raggiungibile attraverso la metropolitana ordinaria. Dal centro in 40 minuti circa, al modico prezzo di 2 euro. 1 in più rispetto a un regolare biglietto, almeno finché non si siano ripagati i costi per la costruzione dell'ultimo tratto. I vagoni della metro sono ben illuminati, dotati di aria condizionata o riscaldamento secondo la stagione, in ottime condizioni durante tutto l'anno e sempre puliti nell'arco della giornata. Insomma, una bella sensazione. Efficienza e funzionalità. S'inferisce un elevato numero di addetti ai lavori, si deducono diversi manager competenti, e si conclude con dei politici onesti.

La metropolitana di Milano si compone di 3 linee per un totale di 74,6 km. Trasmette una sensazione di trascuratezza e sporcizia. Vecchia e slavata come le M che dalla strada ne segnalano l'accesso. Per arrivare a Malpensa si deve prendere un autobus che costa intorno ai 7 euro e c'impiega un'oretta, traffico permettendo. S'inferiscono addetti ai lavori insufficienti, troppi manager incompetenti e presuntuosi, e si conclude con un politico corroto: Craxi.

Se le ditte appaltatrici dei lavori fossero state scelte in base alle loro reali capacità e non in base a chi pagava di più, oggi la metropolitana della Milano da bere poteva anche essere qualcosa del genere:

e non quello che è (non lasciatevi ingannare dallo spessore!):


Entrando invece nel paese attraverso Fiumicino, dopo aver aspettato un'ora e mezza le valigie, il viaggiatore che non volesse spendere i 40 euro politici del taxi ma optasse per i 14 del trenino che, in 45 minuti circa, lo sbarcherebbe a Termini, a quel punto, uscito sul piazzale della stazione, gli sembrerebbe di essere finalmente arrivato nell'esotica capitale di un qualche paese africano.

Roma, 2 linee che s'incrociano a X per un totale di 38 km:

sabato 21 marzo 2009

Al di fuori della Legge

Impressionante video testimonianza sulle torture inflitte dall'esercito della più grande democrazia al mondo ai prigionieri di Guantanamo. Davvero terrificante. Soprattutto in comparazione con il video del post precedente. Viene da riflettere su ciò di cui è capace l'uomo. Dai gesti più teneri e belli, alla più intollerabile barbarie.

venerdì 20 marzo 2009

Peter Gibson alias ROADSWORTH

"...my original intention was simply to introduce an element of surprise into an otherwise very uniform and predictable environment."


Roadsworth began painting the streets of Montreal in the fall of 2001. Initially motivated by a desire for more bike paths in the city and a questioning of "car culture" in general, he continued to develop a language around street markings and other elements of the urban landscape using a primarily stencil based technique. In the fall of 2004, Roadsworth was arrested for his nocturnal activities and charged with 53 counts of mischief. Despite the threat of heavy fines and a criminal record he received a relatively lenient sentence which he attributes in part to the public support he received subsequent to his arrest. Since that time, Roadsworth has received various commissions for his work and continues to be active in both visual art and music.
(fonte: roadsworth.com)

giovedì 19 marzo 2009

Save Italy, the heart of Europe


In un incontro organizzato dall'associazione Res-Publica, l'altra sera sono venuti a parlare a Fano, nelle Marche, Salvatore Borsellino e Luigi De Magistris, quest'ultimo annunciando la sua discesa in campo, o meglio, in trincea. Non ho potuto assistere. Avrei stretto con calore la mano di Borsellino, e dato una pacca sulle spalle a De Magistris, cosí, perché ci stava. Fra le cose che mi hanno riferito amici che erano presenti, una in particolare vorrei riportare, un dato tecnico. Ha affermato De Magistris che solo la Calabria riceve ogni anno 4 miliardi (4.000.000.000) di euro di fondi europei per lo sviluppo. Una delle regioni più povere d'Italia che conta con due milioni di residenti, ma solo uno effettivo. Ciò vuol dire che se quei soldi venissero ripartiti equamente al milione (1.000.000) di residenti reali, vecchi e bambini inclusi, ognuno riceverebbe ogni anno 4.000 euro. Bella sommetta, mica male in tempo di crisi. Paradossalmente penso che i mafiosi li comprino per molto meno quei voti. Se un disperato non vendesse sull'immediato il proprio voto per quattro spiccioli o uno straccio di contratto di lavoro, in breve gli ritornerebbe in tasca molto di più. E poi dicono che l'etica non paga.

Se poi mettiamo che più persone, qualche giovane per esempio, di quelle che idealmente riceverebbero 4.000 euro ciascuna, si unisse per portare avanti un'idea e costruire insieme un'impresa, quanta ricchezza ancora si genererebbe?

Io ho vissuto nel sud della Spagna per diverso tempo. Altra regione considerata depressa dall'Unione Europea, e che per questo si è vista innondare di fondi comunitari. Bene, in Andalusia ci sono autostrade meravigliose che tagliano distese riarse al sole d'agosto, ed entrambe le cose sono gratuite: i deserti e le autostrade. Ci sono depuratori e centrali fotovoltaiche. A Tarifa, l'estrema punta sud del continente, dove in estate si riversano i surfisti di mezzo mondo, hanno eretto foreste di mulini giganti che neppure Don Chisciotte oserrebbe sfidare.

In Italia, invece, siamo più artistici. Noi creiamo opere d'arte concettuale. Autostrade che nascono dal nulla e muoiono sulla parete d'un palazzo, ponti sospesi che connettono luoghi immaginari, templi greci a ridosso di colorate palazzine in cemento armato, vulcani al di sotto di centri abitati per scaldarsi in modo ecologico, e treni ad alta lentezza per promuovere l'abito della lettura.

sud Spagna:

sud Italia:

sabato 14 marzo 2009

NO AL NUCLEARE.


Questo blog aderisce alla campagna "NO AL NUCLEARE" lanciata da KudaBlog, a cui si sono già incatenati altri 66 blog.

Il referendum abrogativo del 1987 sancí l'abbandono da parte dell'Italia del ricorso al nucleare come forma di approvigionamento energetico. Da quello stesso giorno l'Italia avrebbe dovuto puntare sull'innovazione e la ricerca. Detto no al nucleare, bisognava virare con forza verso forme alternative d'energia. E l'Italia ora sarebbe all'avanguardia mondiale delle rinnovabili. Invece c'era Craxi al governo, con la Democrazia Cristiana, Berlusconi operava ancora dietro le quinte, e come lui la mafia (ora entrambi sulle luci della ribalta). Sono vent'anni che l'Italia non produce più nulla. Soprattutto non produce idee. Ma sarebbe meglio dire che è la politica in Italia a non produrre nulla, perché il paese reale è più attivo di quello che ci vogliono far credere. Ci sono un sacco di potenzialità. C'è solo una classe politica che ha succhiato il sangue della nazione. Che ci ha spogliato di mille occasioni. Potevamo essere all'avanguardia nell'energie rinnovabili e oggi esportarle in America, se subito dopo il referendum avessimo imboccato quella strada. Ma ne abbiamo imboccata un'altra e continuiamo a esportare mafia e corruzione.

venerdì 13 marzo 2009

Il World Wide Web compie 20 anni


1990 was a momentous year in world events. In February, Nelson Mandela was freed after 27 years in prison. In April, the space shuttle Discovery carried the Hubble Space Telescope into orbit. And in October, Germany was reunified.
Then at the end of 1990, a revolution took place that changed the way we live today...

giovedì 12 marzo 2009

Educazione alla dipendenza


A parte tutto ciò di cui sopra, la questione centrale è l'educazione. L'educazione alle droghe, ma più in generale a qualsiasi forma di dipendenza. Siamo dipendenti dal lavoro, siamo dipendenti da certi stati d'umore (rabbia, tristezza, rancore, ecc.), siamo dipendenti da certe persone (un amante, un genitore, il guru), e poi la dipendenza più diffusa di tutte: la dipendenza dall'approvazione degli altri. Ne abbiamo estremamente bisogno. Basta poco per metterci in crisi, siamo insicuri, temiamo di fare brutta figura. E non crediate che da un punto di vista fisiologico, la dipendenza dalla cocaina, sia del tutto diversa da quella dal lavoro. In entrambi i casi entrano in circolo delle sostanze affini; nel primo caso in forma esogena, nel secondo endogena. Ogni stato umorale consiste nella secrezione di una determinata sostanza (o miscela) nell'organismo. Il fenomeno dell'assuefazione, e la tolleranza alla sostanza stessa che ne deriva, è equivalente per quanto riguarda la dipendenza dalle droghe come nelle altre forme di dipendenza sopra citate. In ogni caso, bisogna aumentare la dose. Per produrre lo stesso sballo iniziale, la quantità di sostanza rilasciata deve essere sempre maggiore. Ma l'organismo ne risente, e soprattutto quando la dose viene a mancare. Non possiamo permetterci di rimanerne a corto. Ma l'iniezione che ci anestetizza l'anima, ci avvelena il corpo. Bisogna imparare a dosificare, allora. E soprattutto non essere dipendenti da nulla. Ottenere l'approvazione degli altri, per esempio, non è che sia un male in sé, è una bella cosa, un piacere del quale nessuno si può privare del tutto. Diventa terribile quando non sappiamo farne a meno, quando non possiamo più restarne senza. Tornando alle droghe in senso stretto, la dipendenza insorge quando non le usiamo più per divertirci, quando già non cerchiamo lo sballo di una notte, ma la cura del giorno. Non esistono le droghe, ci sono i drogati. La dipendenza non sta nella sostanza, sta nella persona. Nessuno nega che certe sostanze (siano droghe come stati d'animo) leniscano il dolore. In alcuni momenti sono addirittura consigliabili. Ma dobbiamo sapere cosa stiamo facendo. Assumere la responsabilità del costo psicofisico che infliggiamo al corpo. Aristotele direbbe, esercitare la virtù della temperanza. La temperanza non consiste in una totale privazione, tutt'altro. L'astemio è un alcolizzato in potenza. La volta che inizia, non riesce più a smettere. Non aveva mai esercitato i muscoli della volontà.

mercoledì 11 marzo 2009

La geometria della speranza


Chesterton diceva che quanto più la situazione è disperata tanto più dobbiamo sperare. E la metteva come la più alta prova di capacità del cristiano. La speranza io la troverei nella natura del paradosso, che non ti permette di vedere la via d'uscita finché questa non si è data. Benché fosse lì a due passi, molto più vicina di quanto ci si aspettava. La realtà è estremamente paradossale. Questa è la sua logica, il suo discorso. Fossimo capaci di sviluppare un pensiero altrettanto paradossale, che tenesse conto di questa logica, a prima vista imperscrutabile, tutto ci apparirebbe di colpo più chiaro, evidente. Cristallino.

Pensiamo per esempio al concetto di massa critica, che in sostanza coincide con ciò che Malcom Gladwell definisce come tipping point (azzardo una traduzione: punto di ribaltamento). Comprendere quest'idea potrebbe venirci in aiuto, nel nostro esercizio di speranza. In sostanza si basa sulla natura della progressione geometrica, che è fortemente controintuitiva, ma incredibilmente funziona. Un po' come il passaparola. Io svelo un segreto a due amici, che a loro volta lo confidano ad altri due rispettivamente, e nel giro di pochi passaggi il mio segreto è sulla bocca di tutti. Nella progressione gemetrica, inoltre, una piccola variazione al principio, produce cambiamenti enormi alla fine della catena. Ipotizziamo che io sia cosí idiota da confidare il mio segreto non più a due amici ma a quattro, e che ciascuno di loro facesse lo stesso a sua volta. In breve il mio segreto finirebbe in diretta nazionale sul TG1 delle 20. Pare che il numero efficace per sputtanarsi sia il sei.

Quindi la mia speranza sta in ciò: che ancora siamo al di sotto del tipping point, ma che una volta raggiunto s'innescherà un processo irreversibile che travolgerà tutti. E allora l'altra faccia del paradosso, quella salvifica, si svelerà al nostro limitato intelletto.

In fondo è già successo. Anzi è sempre andata cosí. Eppure ogni volta torniamo a disperarci come fosse la prima.

lunedì 9 marzo 2009

Sempre sull'antiproibizionismo...



Sempre sull'antiproibizionismo, volevo segnalare un articolo dall'Economist e un post da un blogger italiano.

mercoledì 4 marzo 2009

Dov'è finito l'antiproibizionismo?



Vi dirò, innanzitutto è una questioe di principio. Principio liberale. Thomas Jefferson diceva che lo Stato deve intervenire con la legge soltanto qual'ora un cittadino procuri un danno fisico, o patrimoniale, a un altro cittadino. Al di fuori dei due casi, lo Stato deve tenersi in disparte. Altrimenti opera uno sconfinamento che va a discapito della libertà dell'individuo. La pelle è la sola frontiera che non possiamo valicare; il corpo l'unico paese da cui non ci è concesso esilio. Esso è assoluta giurisidizione del singolo. Valga per le droghe come per l'eutanasia.

Poi è una questione di qualità. Di qualità ed educazione. La qualità delle sostanze che utilizziamo; l'educazione a un corretto uso delle stesse -siano esse droghe o farmaci.

Da ultimo, ma non meno importante: è una legge dell'economia. Se la società (a grandi numeri) richiede una merce, decretarne l'illegalità non è nient'altro che promuovere il fiorire di strutture criminali organizzate che sopperiscono al deficit di offerta della stessa. Che si traduce in: prezzi più alti, qualità scadente, educazione nulla. La battaglia alle mafie non si può condurre sul solo piano giudiziario-repressivo. Non basta neppure la sensibilizzazione e coinvolgimento dell'opinione pubblica. Bisogna strozzarle a livello economico. Dopo la legge sul congelo dei beni, cessarono i sequestri di persona in Sardegna. Mentre in una logica proibizionista (senz'altro inefficace sul piano educativo), riuscissimo pure a disarticolare una struttra criminale dedita al traffico di droga, subito ne sorgerebbe un'altra, a rilevarne il ruolo, e sopperire alla richiesta della società. Questa è la legge dell'economia: legge della domanda e dell'offerta. E da lì non si scappa.

Il proibizionismo in America è finito non perché un giorno i dottori hanno scoperto che il vino non faceva poi cosí male (anzi usato con moderazione poteva addirittura essere salutare), ma quando è arrivata la depressione economica. Non c'erano più i soldi per mantenere tutto l'apparato repressivo dello Stato, mentre invece le mafie muovevano capitali sempre più ingenti e le diverse fazioni si sparavano per le strade di Chicago.

Trieste è vicina.

martedì 3 marzo 2009

Die Welle



Ron Jones è stato insegnante a Palo Alto, in California, conosciuto per aver eseguito nell'aprile del 1967 l'esperimento chiamato The third wave (in italiano: La terza onda). Da questo esperimento è tratto il libro The Wave di Todd Strasser e, nel 2008, è uscito il film ispirato al libro, Die Welle di Dennis Gansel. Attualmente Ron Jones tiene conferenze e seminari riguardo questo suo esperimento e le sue implicazioni.
(fonte: Wikipedia)

Il film è diventato visione obbligatoria per gli studenti delle scuole tedesche.
(fonte: mia sorella Caterina che vive in Germania)

Una delle migliori trasposizioni cinematografiche delle idee dei pensatori della Scuola di Francoforte.
(fonte: pigiored)

Chi dice Luttazzi?



Beppe mi scrive:
Luttazzi è intellettuale oggi molto scomodo, le sue bordate in questo momento storico sono pari a quelle del corsaro Pasolini, al punto che nessuno gli da più voce neanche all'interno della cerchia della sinistra democraticista.
Infatti i suoi affondi critici supportati da una corretta teoria sociale rispetto all'esistente sono complessivi. Il rapporto tra potere e istituzioni è analizzato, smontato e deriso all'interno di un quadro ben più ampio di critica del capitalimo, insomma Luttazzi non dimentica le contraddioni sociali fondamentali e più torbide su cui si reggono le istituzioni democratiche di un "particolare" sistema sociale insieme alla collusione di un'intera classe dirigente.

Se quindi il problema non è la collusione politica dentro le istituzioni bensì il loro fondarsi sullo sfruttamento generale del lavoro e sulla guerra come sistema di dominio permanente, è proprio per questo che Luttazzi avendo scelto come modalità critica di denuncia politica il punto di vista più esterno al sistema ha finito per pagarne il prezzo più alto, a differenza di molti altri suoi colleghi che rimanendo al di qua della semplice satira interna e caricaturale di sistema per questo in TV ancora si riescono a vedere.

domenica 1 marzo 2009

La mafia che avanza



La democrazia si difende palmo a palmo. Mentre la mafia avanza fisicamente lungo la penisola, e Roma capitale implode nella corruzione, lo sconforto prende piede dentro di noi e cala a fondo negli animi. La democrazia è anzittutto una condizione interiore. Una sorta di vitalità. La libertà di poter dire e fare ciò che si vuole -in quanto non si faccia danno a nessuno -e di affermare le proprie potenzialità, operando in una società che valorizzi gli aspetti alti dell'animo umano: il coraggio, il merito, l'impresa. La mafia è anch'essa una condizione interiore. Nasce dalla paura, dall'insicurezza e dalla viltà. Il passaggio dall'una all'altra condizione non è poi cosí difficile. Basta un po' di coraggio, di determinazione e di unione tra le persone.

Andiamo verso un'Italia in cui a rischio è la democrazia. La chance di vivere una vita piena e felice e, soprattutto, libera. Non assoggettiamoci alle usurpazioni, non interiorizziamo uno stato di costante autocensura: per paura di offendere o di essere offesi. Dobbiamo in primo luogo esprimere noi stessi. Ciò conta più di vivere. La vita senza espressione è morte in vita. Oggi la chiamiamo con un altro nome, e ne abbiamo fatto una malattia. Ma non è nient'altro che questo. Non m'interessa vivere, diceva Henry Miller, m'interessa esprimere me stesso.

Non ci è possibile fare altrimenti. Questa è la sola cura. Questa è l'essenza della democrazia che, come ogni altra cosa, trova le sue vere radici nel profondo dell'animo umano.