venerdì 24 aprile 2009

Uguaglianza per tutti

Il mondo va verso una crisi epocale. Ma non necessariamente crisi vuol dire morte. La crisi può anche essere un'occasione per cambiare, per darsi da fare e diventare migliori. Certo, siamo ancora all'inizio di un processo che dovrà seguire un certo decorso. Se la crisi è la manifestazione di un disagio profondo, bene, allora sappiamo che il sintomo è già l'inizio della cura. Ci sarà da soffrire, ma stringere i denti e resistere ci renderà più forti. Capaci di demolire il passato per ricomporne scenari possibili, e adoperarsi nel presente per renderli reali. Si potrebbero dire molte cose su questo futuro ancora a venire. Ci saranno energie rinnovabili e pulite, si mangeranno insetti:(, la gente tornerà ad avere fiducia nel prossimo, ci sarà allegria e spensieratezza perché ci sarà lavoro per tutti. E il lavoro credo che sia un nodo centrale. Se vogliamo uscire dalla crisi la soluzione non è lavorare di più, paradossalmente la soluzione è lavorare tutti molto di meno. Direi che i tempi si dovrebbero dimezzare mentre i salari al massimo ridursi di un terzo. Alcune grandi compagnie americane già lo fanno. Ibm offre un anno di aspettativa a un terzo dello stipendio ai suoi manager al momento non proprio indaffarati. Evitando mille complicazioni legali, e con la piena collaborazione del manager stesso che non ne può più di lavorare, e a cui un anno sabbatico in giro per il mondo o a casa con la famiglia gli viene da dio. È questo socialismo? Non lo so. A me sembra common sense. L'umanità è arrivata al paradosso per il quale se vuole continuare a crescere non deve accellerare il ritmo di lavoro: deve rallentarlo. E poi lo sappiamo, quando siamo sereni e non ci sentiamo stressati produciamo molto di più, siamo più creativi e ci vengono in mente idee geniali.

Ma è anche possibile che imbocchiamo la strada opposta. Che ci mettiamo a lavorare come assatanati, per sfuggire alla depressione che c'incalza. Invidiandoci l'uno con l'altro, mentre puntiamo il dito contro chi gode di migliori condizioni, lavora di meno e guadagna pure di più. Senza capire che non è l'altro a godere d'ingiustificati diritti ma noi quelli che ne sono stati privati. Invece, mossi dalla frustrazione, chiediamo a gran voce stesse condizioni per tutti, elevandoci a difensori dell'uguaglianza. Ma quale uguaglianza? Ricordo un aneddoto su Olof Palme, il leader socialista svedese, quando, già presidente del paese, ricevette il suo omologo portoghese, salito al potere in seguito alla Rivoluzione dei Garofani, non ricordo il nome. Comunque, questi gli disse che ora in Portogallo l'avrebbero fatta finita con i ricchi. Senza scomporsi, Olof Palme gli rispose che invece in Svezia volevano farla finita con i poveri.

Allora le alternative non sono molte. O ci diamo una calmata, a partire dal profondo di noi stessi. O presto diventeremo tutti cosí:


venerdì 17 aprile 2009

Tutti pazzi per Santoro


Barbara mi aveva scritto:

Nuova perdita di tempo: favorevole o contrario all'eliminazione di 0,01 centesimi di euro per non sostenere più un programma di parte come quello di Annozero? È con il caso Santoro che aprono le prime pagine dei giornali. Leggendo le polemiche mi sono affrettata a vedere la puntata, vivendo all'estero come sempre scaricata dall'efficientissimo sito di annozero a Costozero e senza pubblicità. Il giornalista di parte dicono gli "equidistanti"! A mio avviso non era mai stato più misurato. Se il conduttore è stato di parte, è stato dalla parte del buon senso, che è la parte di tutti. Con tenace lucidità ha più volte ribadito quale era la sua tesi: si sarebbe dovuto realizzare un piano preventivo nell'eventualità di ciò che poi è tragicamente accaduto. Nient'altro. Non si accusava Bertolaso di mancata prontezza nella gestione dei soccorsi. Travaglio stesso abbandona la postura da Sfinge, per ricordare che da quando la protezione civile è passata sotto diretto controllo del governo, i tagli ai finanziamenti avevano spinto lo stesso Bertolaso a minacciare le dimissioni. Ma a quanto pare c'era chi le provava tutte per mettere in bocca a Santoro parole non sue. In questo paese a chi fa bene il proprio mestiere gli si fa dire ciò che non ha mai detto; a chi invece di mestiere dovrebbe fare tutt'altro non gli si fa mai dire ciò che ha detto in realtà.

venerdì 3 aprile 2009

L'anima di Saviano


Questo ragazzo ha qualcosa di straordinario. Ha pubblicato Gomorra a 26 anni. Dice di averne impiegato uno per scriverlo e altri cinque per documentarsi. Ciò vuol dire che a soli 20 anni non aveva altro in testa che raccontare la camorra. Lui stesso ha dichiarato che quest'ossessione era dovuta a una specie di fascinazione per gli aneddoti feroci e eccessivi della vita dei clan. Boss che strangolano qualche infame con la corda del provolone, che si fanno portare una tigre in gabbia da mostrare agli amici, che costruiscono la propria casa come quella di Scarface e ne escono arrestati come fossero divi del cinema. Materia epica che solo aspettava di essere narrata. Poteva anche viverla ma ha scelto di raccontarla.

Saviano sembra fatto della stessa materia che dà vigore alla sua prosa. Incisiva come la lama di un coltello, la sua scrittura ha la forza di una pugnalata. Per quello che è e per come scrive, per il successo che gli tributano, ricorda Jack London, ma senza avere ancora perduto quella purezza vitale che si tradisce dal suo sorriso.